In più di un anno la pandemia di Covid-19 ha smentito una lunga serie di previsioni. Tra queste l’ipotesi che il virus avrebbe in qualche modo risparmiato il continente africano, perché meno urbanizzato e demograficamente più giovane. Oggi che i dati fotografano – e solo parzialmente – un aumento dei contagi in molti Paesi africani e il mondo è in allerta per la cosiddetta “variante sudafricana”, è chiaro come si sia trattato – ancora una volta – di un’illusione. Il coronavirus, infatti, dopo essersi diffuso in Africa, rischia di rimanerci per molto tempo, fino a diventare endemico e sempre più soggetto a mutazioni. I vaccini, accaparrati dai Paesi più ricchi, sono un miraggio: secondo uno studio dell’Economist Intelligence Unit, la regione potrebbe dover aspettare fino al 2024 per raggiungere l’immunità di gregge. E questo significa condannare il continente più giovane del mondo a una forma spietata di Long Covid, dove un bilancio sempre più pesante di contagi e vittime si traduce anche in occasioni mancate per intere generazioni. Meno scuola, meno lavoro, meno turismo, meno investimenti, meno opportunità.
Il grido d’aiuto del continente
Nelle ultime settimane si è fatto più forte il grido d’aiuto che arriva dal continente, a cominciare da Cyril Ramaphosa, presidente del Congresso Nazionale Africano, della Repubblica del Sud Africa e dell’Unione Africana. Lunedì il leader sudafricano ha avuto un incontro virtuale con la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. “L’Ue ha forti legami di solidarietà e commerciali con l’Africa. Continueremo a lavorare insieme per rafforzare la struttura Covax per un accesso equo ai vaccini per tutti. L’Africa non può essere lasciata indietro per il sostegno sanitario e la stabilità economica”, ha twittato Ramaphosa subito dopo il meeting.
I spoke to @EU_Commission President @VonderLeyen. The EU has strong solidarity & trade links with Africa. We’ll continue working together to strengthen the COVAX facility for equitable access to vaccines for all. Africa cannot be left behind on health support & economic stability pic.twitter.com/Mc7cGAGZpa
— Cyril Ramaphosa 🇿🇦 #StaySafe (@CyrilRamaphosa) February 8, 2021
I dati aggiornati
Dall’Africa settentrionale fino all’Africa subsahariana, il coronavirus sta implacabilmente avanzando anche nel continente africano. All’8 febbraio 2021, tutti i 54 Stati africani hanno registrato un totale di 3.634.276 contagi e oltre 88.993 decessi (Africa CDC). Tra i Paesi più colpiti, Sud Africa (1.463.016 casi e 44.946 decessi), Marocco (473.047 casi e circa 8.309 decessi), Tunisia (212.679 casi e 6.893 decessi), Egitto (167.525 casi e 9.407 decessi) ed Etiopia (139.408 casi e 2.116 decessi) (dati: Johns Hopkins Coronavirus Resource Center).
Nella lista delle 10 nazioni con il più alto incremento giornaliero di nuovi positivi, più della metà si trova in Africa, dove il tasso di mortalità pandemico è salito al 2,5% superando la media globale del 2,2%. Come emerge dalla mappa qui sotto realizzata dall’Oms, si tratta delle zone color mattone, le più scure, ovvero quelle in cui il numero dei nuovi casi settimanali è aumentato di oltre il 50%. Si tratta di Somalia, Botswana, Sud Sudan, Repubblica democratica del Congo, Gabon e Camerun. Tra i Paesi più in sofferenza ci sono anche il Malawi e la Nigeria, dove la crescente domanda di ossigeno sta portando all’esaurimento delle scorte.
Anni di attesa per l’immunizzazione
Il punto è che, malgrado tutte le buone intenzioni, la macchina dei vaccini, così com’è, non sarà in grado per anni di garantire l’immunizzazione a tutta la popolazione mondiale. Con il risultato di esasperare diseguaglianze e illusioni: le popolazioni povere condannate a diventare sempre più povere, i Paesi ricchi a essere sempre più vecchi e chiusi in sé stessi. Il mondo delle ong è più che mai attivo nel chiedere un maggiore impegno a governi, istituzioni e cittadini affinché l’Africa non venga lasciata indietro, avvertendo sui rischi collettivi di un’ulteriore sottovalutazione del problema. Per raggiungere l’obiettivo di vaccinare almeno il 60% della popolazione, l’Africa avrà bisogno di circa 1,5 miliardi di dosi di vaccino che, secondo le stime attuali, potrebbero costare tra gli 8 miliardi e i 16 miliardi di dollari, con costi aggiuntivi del 20-30%, per il programma di distribuzione vaccinazione. Al 3 febbraio, solo 4 dei 54 Paesi africani hanno iniziato vaccinazioni di massa: Egitto, Marocco, Guinea e Seychelles.
La diplomazia dei vaccini di Mosca e Pechino e la doccia fredda di AstraZeneca
Di fronte ai ritardi di Covax e all’urgenza di contenere una seconda ondata molto più virulenta della prima, l’Unione africana sta sbloccando fondi e alcuni Paesi stanno negoziando direttamente con laboratori esteri. Cina e Russia si sono dimostrate ancora una volta particolarmente attente ai bisogni del continente. Già a giugno il presidente cinese Xi Jinping aveva espresso la sua “generosità” al vertice Cina-Africa promettendo ai Paesi africani che avrebbero beneficiato di condizioni vantaggiose durante la massiccia distribuzione di vaccini cinesi.
La maggior parte dei paesi del Maghreb ha già ordinato diversi milioni di dosi da Mosca e Pechino. Il vaccino Oxford-AstraZeneca, prodotto nel laboratorio indiano Serum Institute, è una delle colonne del programma Covax. La sua limitata efficacia sulla variante sudafricana è una doccia fredda non solo per il Sudafrica – che ha sospeso il programma in attesa di ulteriori studi – ma anche per tutta la regione in cui la variante 501.V2 rischia di diventare predominante.
L’incedere della variante sudafricana, alias 501.V2
In Sudafrica “gli alti tassi di mortalità e contagiosità della variante 501.V2” preoccupano moltissimo Boniface Hlabano, responsabile dei programmi Amref nel Paese. “I luoghi di sepoltura stanno esaurendo in tutto il Sudafrica. La carenza di bare, i ritardi nelle sepolture e la carenza di spazi mortuari sono realtà difficili da accettare, per coloro che perdono un proprio caro”.
Medici Senza Frontiere ha lanciato un appello sull’immediata urgenza di vaccini in Africa meridionale, dove la nuova e più contagiosa variante sta già devastando Mozambico, Eswatini e Malawi. “Siamo indignati per l’ingiusta distribuzione dei vaccini contro Covid-19 nel mondo”, afferma Stella Egidi, responsabile medico di MSF. “Mentre in molti Paesi ricchi le vaccinazioni sono iniziate circa due mesi fa, Paesi come Eswatini, Malawi e Mozambico, in estrema difficoltà, non hanno ricevuto una singola dose per proteggere le persone più a rischio, nemmeno per il personale sanitario in prima linea”.
La prospettiva di un virus endemico in continuo mutamento
Githinji Gitahi, global ceo di Amref Health Africa, invita ad aprire gli occhi sul fatto che “questa pandemia potrebbe diventare endemica e rimanere con noi per molto tempo”. “Oggi stiamo osservando il virus diffondersi nelle aree rurali e questo significa che starà con noi a lungo”. Servono, secondo Gitahi, “una solidarietà e un senso di responsabilità globali per garantire che nessun Paese venga lasciato indietro. Perché, ricordiamocelo, nessuno è al sicuro se tutti non sono al sicuro”. Tanto più che questa – avverte – “non sarà l’ultima pandemia, ma solo una di quelle che ci aspettano, soprattutto considerando il grande problema che dovremo affrontare, quel grande elefante nella stanza che si chiama cambiamento climatico”.
Secondo il n. 1 della ong, è necessario sviluppare programmi di distribuzione dei vaccini più efficaci. “Amref, come ong internazionale africana attiva in 35 Paesi dell’Africa, è al centro della conversazione sulle politiche e sul quadro normativo necessari a garantire che il vaccino anti-Covid sia disponibile per tutti e a permettere di sapere esattamente quali persone ne hanno bisogno per prime, definendo le priorità e sostenendo i governi. Ovviamente – prosegue Gitahi – mettiamo a disposizione le nostre risorse, come i Flying Doctors (i dottori volanti) per trasportare i vaccini in tutti i Paesi, o gli operatori sanitari di comunità, attraverso i quali siamo in grado di sollecitare la domanda e superare le incertezze sulla distribuzione dei vaccini nelle comunità, garantendo che coloro che necessitano del vaccino possano accedervi. Ma non possiamo fare tutto questo da soli”.
This is the #COVID19 squad at my local church in Thuti, Karima in Nyeri County, Kenya. Supervising hand washing, checking everyone’s temperature & recording it. By involving young people, they become ambassadors in schools and the community – love it 😍 👏🏽👏🏽👏🏽👏🏽 pic.twitter.com/3V4EgdfvYL
— Dr Githinji Gitahi, MBS (@daktari1) February 7, 2021
Una popolazione sfinita alla mercé della disinformazione
La popolazione ha paura, ma è anche provata da sentimenti di confusione e sfinimento, afferma Boniface Hlabano. Molte persone sono tratte in inganno dalla disinformazione e da teorie antiscientifiche. Un caso estremo è quello della Tanzania, il cui presidente ha bollato i vaccini come pericolosi e non necessari, invitando la propria gente a confidare in Dio e usare rimedi alternativi come inalare il vapore. “Ci sono opinioni contrastanti riguardanti il vaccino anti-Covid, che vanno dall’entusiasmo alla paura causata da miti dilaganti e idee sbagliate che alcuni propagano”, spiega Hlabano. “Circolano teorie oltraggiose su virus e vaccini, come la tesi che collega la rete 5G all’epidemia, o quella che sostiene che i bianchi siano già vaccinati e che i vaccini in arrivo in Africa abbiano lo scopo di sterilizzare o addirittura uccidere i neri per ridurre la loro popolazione e consentire così la ricolonizzazione dell’Africa. Purtroppo, l’ignoranza è ciò che di più pericoloso possa esserci, durante una crisi”.
Un tuffo nel passato su scuola e infrastrutture
Le ragioni di un sostegno urgente alla gestione della pandemia in Africa sono umanitarie ed economiche insieme, come evidenzia una recente analisi dell’Economist sul virus come “pedaggio sulla crescita”. La pandemia – scrive il settimanale – rischia di minare il precario progresso dell’Africa subsahariana, sgretolando l’ottimismo della popolazione più giovane del mondo. Ormai sembra chiaro che il virus lascerà cicatrici più durature in Africa che altrove. È probabile che il danno maggiore non derivi dall’impatto immediato della pandemia, ma piuttosto dai suoi effetti persistenti su economia, famiglie e società.
Il Fondo Monetario Internazionale prevede che quest’anno sarà la grande regione a crescita più lenta. Dall’inizio della crisi – ricostruisce l’Economist – 46 governi africani hanno introdotto sussidi di assistenza sociale, ma ciò non ha impedito a 32 milioni di persone di cadere in condizioni di povertà estrema. Per evitare crisi del debito, molti governi si preparano a ridurre la spesa per le infrastrutture, e questo ostacolerà ancora di più la crescita. “Mentre gran parte del resto del mondo tornerà a lavorare, viaggiare, giocare, l’Africa potrebbe scoprire che Covid-19 è , in effetti, endemica. I viaggiatori e i turisti che contribuiscono a generare quasi il 9% del Pil se ne staranno lontani. Chiusure e coprifuoco soffocheranno mercati e bar”, è la fosca previsione degli autori.
L’aspetto più preoccupante riguarda l’impatto delle prolungate chiusure scolastiche, come già sottolineato da Save The Children. Le aule subsahariane sono state completamente o parzialmente chiuse per 23 settimane, al di sopra della media globale. Poiché la metà degli africani è senza elettricità, per non parlare di pc e wifi, l’apprendimento remoto è un’utopia. Molti bambini, soprattutto ragazze, non torneranno mai più ai loro libri. Molti diventeranno bambini lavoratori o spose. In una zona costiera del Kenya, ad esempio, solo 388 delle 946 studentesse rimaste incinte durante la chiusura della scuola lo scorso anno hanno ripreso gli studi.
Secondo l’Economist, è necessario un doppio binario di interventi per mitigare le calamità del virus in Africa: il primo sul fronte dei vaccini, potenziando Covax; il secondo sul fronte dei prestiti agevolati, garantendo alle tesorerie africane canali di accesso privilegiato al credito e sostenendo le proposte della Banca Africana di Sviluppo e altri soggetti per corteggiare più capitali privati. “Le grida d’aiuto dell’Africa, sotto forma di vaccini o prestiti, rischiano di perdersi nel tumulto di una crisi veramente globale”, conclude l’analisi. “Ma la fragilità delle economie e delle società africane è un motivo per agire rapidamente. È nell’interesse di tutti aiutare. Finché il virus dilaga da qualche parte, può mutare e diffondersi ovunque”. Almeno questo dovremmo averlo imparato.
Article first published on https://www.huffingtonpost.it/entry/covid-e-africa_it_6022a1d8c5b6f38d06e7329d
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