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Di cosa avrebbe bisogno l'Africa per salvarsi da Covid e povertà

AGI – L’attenzione suscitata intorno all’Africa e alla Repubblica Democratica del Congo si affievolirà o si è già affievolita. Per avere un’idea: l’Africa nei programmi di informazione, tra il 2012 e il 2019 risultava presente al 1,7%.

Se il continente africano avesse un’unica voce, forse, oggi richiederebbe “un’attenzione più modesta e continua, più che un’esplosione di interesse e poi il nulla”, spiega Mario Raffaelli – esperto conoscitore di geo-politica del continente – “ciò, credo, possa essere anche un modo più corretto per servire la memoria di Luca Attanasio, Vittorio Iacovacci e Mustapha Milambo e, aggiungo, delle migliaia di vittime che quell’area fragile piange”.

Mario Raffaelli, presidente di Amref Health Africa-Italia, impegnato per molti anni in processi di pace, che ha seguito come rappresentante del governo italiano in diversi Paesi del mondo – tra gli altri come Chief mediator nel processo di pace in Mozambico, dal 1990 al 1992, è anche conosciuto e apprezzato per il suo lungo impegno per la Somalia, dove è stato Speciale Rappresentante del governo italiano, dal 2003 al 2008. Nel 2009, è stato nominato esperto per le iniziative di pace nel Corno d’Africa durante la presidenza italiana del G8 – nella sua riflessione parte dal Congo “uno dei Paesi più affascinanti del mondo, ma anche più complessi”, passando per la pandemia e le “tre partite strategiche che la comunità internazionale, guardando all’Africa, deve affrontare”.

Raffaelli parla di un “crocevia per l’Africa e per il mondo”. Quella della Repubblica Democratica del Congo è una terra “stupenda che ha una storia di feroce colonialismo. Fu il regalo per il Re del Belgio nel XIX secolo. Di dittature che non hanno mai guardato all’interesse delle popolazioni, pur avendo una ricchezza immane. Un Paese che vede un controllo fragile su tutto il territorio, ma che è totalmente fuori controllo nella zona dei tragici fatti di qualche giorno fa. Fu proprio quella zona, il Nord Kivu, l’epicentro della Guerra Mondiale Africana. Uno scontro che vide convergere nel sangue, interessi interni ed interessi delle nazioni limitrofe. Negli anni gli sforzi internazionali hanno prodotto pochissimi risultati. Ora bisogna puntare subito alla lotta alla corruzione endemica e al rinnovo del piano di disarmo delle milizie attive”.

Raffaelli invoca un’attenzione costante, che non è figlia solo della generosità ma di un interesse reciproco. “Che quello per l’Africa, fosse un interesse reciproco ce lo aveva fatto capire la migrazione. Il mondo al nostro fianco bussava alla nostra porta nazionale ponendo interrogativi su un fenomeno complesso. Ora la pandemia lo ha scolpito in maniera definitiva. Si tratta di un crocevia, quello che viviamo ora, per effetto della pandemia”. Il Continente è cresciuto, si stanno rafforzando diverse aree e Paesi. L’Africa non vive più solo di aiuti internazionali, preziose sono le rimesse dei migranti. Fondamentale è la crescita della classe media – siamo arrivati a 400 milioni – che promette mercati più dinamici. In più il passaggio storico del “cosiddetto Mercato Unico”, accordo siglato a gennaio dagli Stati africani”.

Qui Raffaelli fa un parallelo che richiede all’Africa, e a tutta la comunità internazionale, pazienza, ma che fa ben sperare. “Gli accordi del 1957 per una Europa unita, vedevano un’Italia molto debole e diversa da quella di oggi. Oggi è una nazione, seppur con le sue debolezze e disuguaglianze, di grande caratura e rilievo internazionale. Nel tempo l’Europa è cresciuta e con essa l’Italia. Così potrebbe accadere per l’Africa, unita sotto la chiave di scambio economico e di mercato può crescere. Per avere un’idea pensiamo che gli scambi tra Paesi europei ammontano ad un 70% del commercio totale, mentre in Africa, gli scambi sono intorno al 17%. Margini di crescita ci sono e tale scelta potrebbe portare beneficio di anno in anno. Serve tempo, sicuramente molto tempo, ma questa notizia non può non essere fonte di speranza”.

Cosa può fare la Comunità internazionale ed in particolare la Ue? Secondo Raffaelli le partite strategiche sono tre. Supporto nei processi di stabilità, che possono certamente agevolare lo sviluppo. Supporto nel percorso del mercato unico africano, magari intervenendo nel rafforzare le infrastrutture materiali e non ultima la sfida portata dalla pandemia globale.

“Per Russia e Cina, il vaccino è come un’arma, che useranno per rafforzare la loro presenza in Africa. Sta all’Europa, accanto e nel rispetto dell’Africa, affiancarsi al continente africano per garantire pieno ed egualitario accesso al vaccino”.

Amref, tra le altre cose, affianca i sistemi sanitari africani, prima di tutto attraverso la preparazione degli operatori in vista della vaccinazione. Per parlare di questo e di salute globale la Ong  ha organizzato la più grande conferenza sul futuro della salute africana, dall’8 al 10 marzo si terrà, infatti, l’Africa Health Agenda International Conference.

Article first published on agi.it

Amref Health Africa

Amref Health Africa teams up with African communities to create lasting health change.

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