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Africa, tutto quello che non vediamo

Le informazioni sull’Africa sono poche, contraddittorie e in molte occasioni superficiali. L’Africa è raccontata, spesso, o in modo un po’ razzista (senza speranza, condannata per ragioni intrinseche al sottosviluppo) oppure in maniera auto-colpevolizzante (tutti i problemi derivano dallo sfruttamento coloniale, dalle multinazionali e così via). La realtà, come sempre, è più complessa e, per approfondirla adeguatamente, sarebbe necessaria una certa continuità. Invece, i fatti africani guadagnano la ribalta dei mass-media solo in maniera sporadica, generalmente per episodi drammatici (un atto terroristico, il rapimento di un cooperante, le ondate migratorie). Il tutto basato su un’ottica che, prevalentemente, è la nostra. Infatti, escludendo il tema immigrazione, l’Africa rimane poco visibile nei media. Secondo il rapporto L’Africa MEDIAta, di Amref Health Africa — Italia e Osservatorio di Pavia, risulta che nei telegiornali di nove reti tv, esaminati nei primi sei mesi del 2019, solo il 2,4% di notizie è dedicata all’Africa “là”, mentre un 10% di notizie è sull’Africa “qui” (l’Africa in Italia). Costruire un patto virtuoso tra le organizzazioni umanitarie e il sistema dei mass media è importante per fornire chiavi di lettura più adeguate a proposito di un continente le cui vicende ci coinvolgono da vicino.

Cooperare con l’Africa, infatti, non è solo un fatto di solidarietà ma significa anche occuparsi in maniera lungimirante del futuro dei nostri Paesi. Nel mondo di qualche decennio fa ci si poteva permettere il lusso di essere egoisti. Non era eticamente bello, ma era possibile. Oggi non più. Nel mondo sempre più piccolo e sempre più globale o si cresce in maniera sostenibile insieme o, insieme, si va incontro al disastro.

Per questo è importante partire dalla constatazione che l’Africa presenta, allo stesso tempo, grandi criticità e grandi potenzialità. Proprio perché, accanto ai problemi storici (povertà e disuguaglianze, instabilità e corruzione, fragilità del territorio e fenomeni climatici, demografia e inique ragioni di scambio) si stanno veri cando sviluppi incoraggianti.

In primo luogo, i cosiddetti “aiuti pubblici allo sviluppo” sono stati superati sia dagli in- vestimenti privati diretti dall’estero (non più legati solo al petrolio) che dalle rimesse degli emigranti. Inoltre, sta crescendo una “classe media” in termini africani (chi può spendere da 5 a 20 dollari al giorno), aumentata da 108 milioni di persone nel 1990 ai 300 milioni di oggi. Questo produce la creazione di “mercati” interni che, affiancando i tradizionali settori informali dell’economia, introducono maggior dinamismo e il tema di una tutela formale dei lavoratori.

Questi processi stanno avvenendo in un continente storicamente caratterizzato da grandi risorse, energetiche (più riserve di petrolio e gas degli Stati Uniti) e minerarie (il 30% dei minerali del mondo), in particolare per quanto concerne i metalli preziosi (40% dell’oro, 90% del platino, 60% del cobalto), specialmente quelli necessari per i nuovi prodotti tecnologici. L’Africa, inoltre, possiede enormi potenzialità ittiche, riserve d’acqua non sfruttate, e due terzi delle terre arabili ancora non sfruttate al mondo (ciò che provoca il land grabbing).

Ma, oggi, l’Africa rappresenta anche molto di più: un continente consapevole dei propri ritardi che cerca di reagire utilizzando la rivoluzione high tech per saltare tecnologie meno efficienti, costose o inquinanti, passando di- rettamente a quelle più avanzate (il cosiddet- to “leapfrogging”). L’esempio classico è quello della telefonia mobile, unita al crescente uso di Internet, che ha permesso non solo di avere un maggior accesso alle informazioni (e allo scambio di esse), ma ha aperto la strada a miglioramenti nelle transazioni finanziarie e nei servizi connessi. Tutto ciò ha favorito la nascita, nelle aree più dinamiche, di hub tecnologici e Startup in diversi settori: dal commercio alla sanità, dalla gestione del traffico alla semplificazione burocratica, dall’energia “pulita” all’agricoltura.

L’economia africana è in una fase di transizione e, per una svolta definitiva, è indispensabile il superamento della frammentazione dell’economia attraverso una crescente integrazione dei mercati interni. Un passo fondamentale è stato compiuto con la decisione dell’Unione Africana di costituire un mercato unico Continentale (Continental Free Area Agreement). Espandendo così il commercio interafricano (oggi largamente sotto le potenzialità), migliorando l’allocazione delle risorse e il livello di competitività…


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*Mario Raffaelli, presidente di Amref

Article first published on http://www.vita.it/it/article/2019/12/06/africa-tutto-quello-che-non-vediamo/153525/

Amref Health Africa

Amref Health Africa teams up with African communities to create lasting health change.

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