ROMA\ aise\ – Oltre sei anni di conflitto civile, l’economia al collasso, la crisi umanitaria, le epidemie, la carestia, le inondazioni, e ora il Covid-19. Da quando il Sud Sudan, il più giovane Stato al mondo, ha raggiunto la propria indipendenza nel luglio del 2011, non ha mai avuto tregua.
Tuttavia, Amref “crede nel popolo sud sudanese e investe nel futuro dell’intero Paese, perché ogni persona merita un domani degno di essere chiamato futuro”.
Da questa consapevolezza è nata WISH – Women in School for Health – nel 2013 a Maridi, con l’obiettivo di promuovere l’istruzione femminile e aumentare la percentuale di ragazze che possono iscriversi a istituti superiori scientifici e lavorare nel campo della sanità.
Ad oggi, riporta l’associazione, WISH ha ospitato 1.031 ragazze iscritte ai corsi, e la maggior parte delle ragazze che oggi fanno parte del National Examination Board (commissione d’esame nazionale) del Sud Sudan nell’Equatoria occidentale, proviene dal liceo WISH.
“All’interno della scuola siamo tante, abbiamo fedi religiose diverse, pensieri diversi…”, spiega Vaida, “ma l’obiettivo comune di promuovere un futuro migliore per il nostro Paese e il nostro sistema sanitario”. Vaida Sebit è una giovane studentessa sud sudanese che, prima che scoppiasse la pandemia, frequentava l’ultimo anno della Scuola Superiore WISH.
Come Vaida, erano 126 le studentesse che frequentavano la scuola prima che la struttura chiudesse indefinitamente, il 23 marzo 2020, causa Covid-19.
Negli ultimi tre anni, WISH è riuscita ad arginare gravidanze e matrimoni precoci e abbandono scolastico: fenomeni a cui le giovani donne Sud Sudanesi sono spesso esposte. Questo lungo soggiorno a casa ha infatti aumentato sensibilmente il rischio di gravidanze e matrimoni precoci e abusi domestici verso donne e minori.
La preoccupazione di Amref è aggravata dal fatto che WISH, precedentemente alla chiusura, ospitava oltre 30 ragazze orfane che si affidavano quasi esclusivamente al supporto della scuola.
La scuola è stata infatti una delle prime istituzioni a dover adottare misure di prevenzione per fronteggiare la diffusione del Covid-19. Nella maggior parte dei Paesi africani, la sospensione delle attività didattiche non ha influenzato solo il percorso accademico dei giovani, ma ha fatto luce problematiche più profonde; non ha interrotto solamente la partecipazione dei giovani ad un contesto socioeducativo fondamentale, ma ha messo in pericolo molte donne. Tuttavia, il personale di WISH, grazie al fatto che la maggior parte delle studentesse vive a Maridi, sta avviando delle attività di formazione “a distanza”.
“Non si tratta di una ridefinizione delle modalità di insegnamento-apprendimento a distanza con e-learning, come spesso abbiamo visto nell’ultimo periodo”, chiarisce Amref, “ma gli insegnanti hanno prodotto materiali didattici che distribuiscono alle ragazze in un giorno prestabilito della settimana. Ogni settimana distribuiscono e ritirano i compiti fatti dalle studentesse, li correggono, glieli restituiscono, e così via. La scuola è infatti, grazie a questo metodo, in contatto con i genitori delle studentesse e con le studentesse stesse settimanalmente, e nonostante la voglia di tornare sui banchi, la felicità di Amref e del personale di WISH risiede nel fatto che ad oggi non è stata segnalata alcuna malattia, non è stato rilevato nessun caso di Coronavirus a Maridi, e soprattutto, tutte le studentesse sono sane e non sono stati segnalati casi di gravidanze, matrimoni precoci o abusi”.
Inoltre, dall’inizio della crisi, alcune ragazze hanno portato avanti attività pratiche di infermieristica presso la Clinica di Maridi, mettendo in pratica le nozioni imparate fino al momento del lockdown, a scuola. (aise)
Article first published on aise.it.
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