In alcuni paesi del mondo sono legali delle pratiche che non dovrebbero poter essere praticate nemmeno sugli animali. Ma si sa, paese che vai usanza che trovi. Molto spesso ad essere vittime di orrende usanze (culturali, filosofiche o morali) sono le donne, anche molto giovani. Esistono ad esempio le mutilazioni genitali e l’infibulazione. E’ giusto però affermare che non sono solo e sempre le donne ad essere torturate. Anche gli uomini e quindi i giovani ragazzi sono molto spesso vittime di mutilazioni.
Le mutilazioni genitali femminili (o circoncisioni femminili) sono pratiche tradizionali e molto antiche, che vengono eseguite in vari paesi con finalità non terapeutiche, e possono ledere fortemente la salute psichica e fisica di bambine e donne che vi sono sottoposte. Queste pratiche sono attuate in circa 30 paesi dell’Africa, in alcune regioni del Medio Oriente e in Asia. Vengono però eseguite anche da numerosi comunità di immigrati in Europa, America del Nord e Australia.
Ad esserne maggiormente coinvolte sono le ragazze tra l’infanzia e i 15 anni. Le motivazioni sono collegate a una serie di ragioni culturali e sociali come la pressione sociale e la tradizione, insieme all’idea che sia una pratica sostenuta dalla religione e collegata a ideali di bellezza e purezza.
Una definizione teorica e molto esplicativa sul tema è stata data dall’Oms che definisce come mutilazioni genitali femminili “tutte quelle procedure che comportano la rimozione parziale o totale dei genitali femminili esterni o altre lesioni agli organi genitali femminili per ragioni non mediche“. Oltre ad essere orrende sono anche dolorosissime.
Amnesty International che è da sempre impegnata nella difesa dei diritti umani, ha stimato che oltre 140 milioni di donne in tutto il mondo sono state colpite da una qualche forma di mutilazione genitale, con oltre 3 milioni di bambine a rischio ogni anno. Per questo, nel 2009 ha dato vita ad una campagna europea contro le mutilazioni, denominata “End Fgm“.
Prima della campagna avviata da Amnesty International, negli anni ’90 anche Emma Bonino, assieme all’organizzazione Non c’è pace senza giustizia, ha organizzato eventi con politici europei e africani. La Bonino, assieme a Non c’è pace senza giustizia e Radicali Italiani hanno rilanciato una campagna grazie alla quale sono state raccolte numerose firme per l’eliminazione di questa pratica.
E come se non bastasse esiste anche l‘infibulazione, una pratica derivata dalle FGM che implica il restringimento dell’orifizio vaginale. Questa tipologia di mutilazione spesso richiede necessaria un’ulteriore riapertura della sutura effettuata nel caso in cui una donna debba affrontare un parto. Così, spesso le donne vengono infibulate e deinfibulate svariate volte provando ripetute ed enormi sofferenze.
Come ci viene illustrato ampiamente da Amref Health Africa, In origine la mutilazione genitale femminile era solo uno dei numerosi cerimoniali ai quali era soggetto ogni membro della comunità, uomini e donne, per marcare il passaggio dall’età infantile all’età adulta. Ancora oggi, le ragioni che spingono le famiglie a sottoporre le bambine a questo rito di passaggio sono legate alla falsa credenza che la procedura apporti benefici igienici ed estetici, promuova la fertilità delle ragazze e preservi la loro reputazione.
Ma in realtà, come è stato affermato anche da Unicef, alla base di queste torture ci sono svariate ragioni oltre alle motivazioni espresse da Amref: ridurre la sessualità femminile, la credenza che la mutilazione possa rendere le donne più fertili e la sopravvivenza del bambino in gravidanza, oppure perché in molti credono che questa pratica sia voluta dal Corano.
L’Unicef considera le FMG una violazione dei diritti della donna in tutto e per tutto, perché le bambine che vengono sottoposte a questo possono morire e anche per il fatto che le ragazze sono private della capacità di decidere.
A livello europeo, il Parlamento ha dimostrato un forte impegno per eliminare la pratica nel mondo. Nel 2019, 5 ragazze keniane sono arrivate tra i papabili vincitori del Premio Sacharov, un riconoscimento che il Parlamento europeo dà allo scopo di premiare personalità e/o organizzazioni che abbiano dedicato la loro vita alla difesa dei diritti umani e delle libertà individuali. Le ragazze hanno sviluppato un’applicazione per aiutare le vittime e le potenziali vittime della mutilazione genitale femminile.
In base alla Legge 9 gennaio 2006, n. 7 – Disposizioni concernenti la prevenzione e il divieto delle pratiche di mutilazioni genitali femminile – chiunque pratichi l’infibulazione è punito con la reclusione da 4 a 12 anni, pena aumentata di 1/3 se la mutilazione viene compiuta su una minorenne, nonché in tutti i casi in cui viene eseguita per fini di lucro.
Chissà se un giorno tutte questi orrori avranno una fine e se il corpo della donna non verrà più considerato soltanto come un oggetto su cui apportare modifiche. Intanto l’Onu ci prova fissando il 2030 come data per porre fine a ciò: “Per affrontare le mutilazioni genitali femminili, è necessario avere un approccio olistico e promuovere interventi a diversi livelli: globale, regionale e nazionale […] Questa pratica è una norma sociale e qualsiasi intervento deve tenere conto del contesto” ha spiegato Mireille Tushiminina al Guardian.
Il Covid purtroppo ha incentivato maggiormente le possibilità di messa a punto di queste pratiche. Nel rapporto di Amref Health Africa sull’impatto della pandemia, nelle regioni di Kajiado, Samburu e Marsabit, in Kenya, si scopre quanto le nuove regole imposte dalla pandemia, abbiano influito sul delicato percorso della prevenzione. Alla base di una nuova crescita dei casi di MGF c’è la chiusura delle scuole e l’obbligatoria permanenza a casa.
Article first published on https://metropolitanmagazine.it/mutilazioni-genitali-femminili-lonu-prova-a-porre-fine-a-questo-orrore/
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