ROMA – Una donna su tre in tutto il mondo ha subito una qualche forma di violenza fisica o sessuale nella propria vita. Nel mondo, 200 milioni di donne e bambine hanno subito mutilazioni genitali femminili. A causa della pandemia, un numero sempre più elevato di donne e ragazze sono a rischio di violenza di genere.
La promessa di Nice.
“Sono Nice, ho 28 anni. A 9, fuggii dal mio villaggio, in Kenya, per sottrarmi alla mutilazione. Adesso lotto affinché ogni ragazza possa diventare la donna dei propri sogni… proprio come me”. Da questa necessità nasce il progetto ‘Nice Place’ di Amref, un luogo sicuro dove le ragazze possono rifugiarsi, acquisendo forza e capacità. Come Amina, una delle tante bambine promesse in spose a soli undici anni ad un Moran, un guerriero Masai. Il prossimo 25 novembre sarà la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Per l’occasione ecco l’intervista a Nice Nailantei Leng’ete, ambasciatrice mondiale di Amref Health Africa contro le mutilazioni genitali femminili: un impegno che le è valso il riconoscimento internazionale del Times, come una delle 100 persone più influenti al mondo.
Che cos’è la violenza di genere, (GBV, Gender-Based Violence)?
La violenza di genere comprende abusi fisici, sessuali, verbali, emotivi e psicologici, ma anche privazioni economiche o educative che riguardano un vasto numero di persone discriminate in base al sesso. La violenza di genere è un fenomeno sussistente, purtroppo, in tutto il mondo, e le vittime di GBV sono prevalentemente donne e ragazze.
Qual è il primo passo, secondo te, per eliminare la violenza di genere?
Il primo passo è capire da cosa deriva. Nell’Africa Sub-Sahariana, per esempio, esistono molte società di tipo patriarcale. In questi contesti, lavorare sull’eradicazione di alcune dannose pratiche diffuse e ampiamente accettate e giustificate per ragioni legate alla cultura tradizionale, come per esempio le mutilazioni genitali femminili, è un processo lungo e complesso. L’introduzione di alcuni riti di passaggio alternativi si sta dimostrando efficace in molti contesti, ma la sensibilizzazione è il primo passo fondamentale: informare correttamente tutte le parti interessate sul valore e sul potenziale della donna e sulle conseguenze della violenza di genere. È necessario, inoltre, il coinvolgimento degli uomini. Perché la battaglia per l’uguaglianza di genere e la cessazione della violenza sulle donne non è un affare che riguarda esclusivamente l’universo femminile, ma la totalità dell’essere umano.
L’introduzione di riti di passaggio alternativi e la sensibilizzazione hanno portato dei cambiamenti positivi?
Assolutamente sì. Sino ad oggi, 17.000 ragazze in Kenya e Tanzania non sono state circoncise grazie ad alcuni riti alternativi. Inoltre, si parla di cambiamenti duraturi. Ogni persona raggiunta e informata può tramandare le proprie conoscenze alle generazioni a venire. Molte donne sono ora al corrente di poter essere agenti di cambiamento, e i loro figli, i loro nipoti e i loro pronipoti avranno la stessa consapevolezza. Non è un cambiamento che può essere fatto da un giorno all’altro, ma è un processo che può trasformare il futuro di intere generazioni e di intere comunità. Quando sarà il momento, so che lascerò questa lotta in mano a donne forti che conquisteranno il mondo, che si proteggeranno e si incoraggeranno l’un l’altra.
Che impatto ha avuto il COVID sulla GVB?
A causa della pandemia, un numero sempre più elevato di donne e ragazze in tutto il mondo sono a rischio di violenza di genere (GBV). In primo luogo, a causa della chiusura delle scuole, che rappresentano le principali strutture di supporto per le ragazze e le bambine in età scolastica. Le donne e le ragazze che subiscono violenze non hanno quindi posti sicuri dove rifugiarsi. È difficile quantificare, abbiamo dati limitati, ma purtroppo basta guardarsi intorno per rendersi conto dell’aumento nel numero di giovanissime ragazze incinte.
C’è la storia di una ragazza che hai voglia di raccontare?
Sono così tante. Esistono moltissime storie di successo e altrettante storie senza un lieto fine. Oggi però vorrei raccontare la storia di Amina, una bambina promessa in sposa a soli undici anni ad un Moran, un guerriero Masai. Il futuro marito di Amina era un leader molto potente all’interno della sua comunità, e questo fu il motivo per cui, per molto tempo, nessuno osò parlare. Infatti, quando mi arrivò la notizia, mancavano meno di 24 ore al matrimonio. Fu una corsa contro il tempo, e uno degli interventi più difficili della mia vita. Fui costretta a mettermi contro un’intera comunità sostenuta da decine di seguaci del Moran. Infine, grazie agli interventi di alcuni membri della comunità, delle persone con cui lavoro e del governo tanzaniano, Amina fu sottratta al pericolo. Oggi la ragazza è al sicuro, felice, istruita, bilingue ed è finalmente stata riaccolta dalla sua famiglia, dopo un lungo percorso di sensibilizzazione di tutti i membri coinvolti.
Cos’è “Nice Place”?
“Nice Place” è un progetto nato in Kenya nel 2019, volto a istituire un luogo sicuro dove le ragazze possono andare quando minacciate dalle FGM o da un matrimonio forzato in età precoce. Funzionerà come un Centro d’Accoglienza e una Girls Academy sotto un unico tetto. In questo luogo, le ragazze riceveranno una formazione su strategie di vita, capacità di leadership e imprenditoriali, rendendosi autonome e minimizzando la sindrome di dipendenza a livello di comunità. La Girls Academy, al momento, ha la possibilità di ospitare 50 ragazze ogni anno, mentre il Centro d’Accoglienza sarà aperto ad ogni bambina, ragazza o donna che avrà bisogno di protezione. “Nice Place” vuole rappresentare un luogo dove le ragazze possono acquisire forza e capacità. Sarà una costruzione circolare con una grande piazza al centro. Nonostante le battute d’arresto causa COVID, il lavoro procede: sono state costruite le mura.
Da cosa nasce questa necessità?
A nove anni, fuggii dal mio villaggio, in Kenya, per sottrarmi alla mutilazione. Oggi, ogni volta che torno nel villaggio in cui sono cresciuta, quando vedo i volti sorridenti di ragazze coraggiose, intelligenti, audaci e belle, so perché sono in missione: per combattere affinché ogni ragazza possa diventare la donna dei propri sogni. Proprio come me. Qualche anno fa, ho ereditato il terreno su cui sta per nascere “Nice Place”. Da subito, ho iniziato a pianificare il progetto, ma oggi, a pochi mesi dall’operatività della struttura, mi sento la donna più felice del mondo.
Cosa ha significato per te piantare un albero, ad inizio progetto?
Un sogno divenuto realtà. Quella pianta è il simbolo di una nuova vita, e crescerà forte e robusta insieme al progetto e insieme a tutte le ragazze che ne faranno parte.
Quali sono le modalità di finanziamento del progetto?
Sarà un centro autosufficiente, grazie a semplici modelli imprenditoriali per attività generatrici di reddito. In primo luogo, il terreno sul quale è costruita la struttura è molto adatto ad essere coltivato, e i prodotti agricoli saranno venduti anche a vari alberghi presenti nelle vicinanze. Inoltre, “Nice Place” mira a migliorare l’industria locale delle perline, fornendo la materia prima, affinando le capacità delle ragazze nella lavorazione e fornendo loro contatti per opportunità di vendita dei prodotti. Infine, la posizione del Centro, lungo la strada che porta all’Amboseli National Park – un’area naturale protetta istituita nel 1974, a circa 240 km a sud di Nairobi – offre un’opportunità unica per allestire un chiosco che attrarrà clientela sia per il caffè, sia per la vendita di oggetti d’artigianato.
Article first published on repubblica.it
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