Un grande perimetro scavato sulla terra battuta, una giovane donna che balla al centro, felice: c’è un video in rete che immortala Nice all’inaugurazione, lo scorso novembre, del “Nice Place”, il «posto dove ogni ragazza potrà diventare la donna dei propri sogni».
Al riparo dalle mutilazioni genitali femminili (Fgm), dai matrimoni precoci, dalla rapina del futuro. Nice Nailantei Leng’ete è una bellissima Maasai 29enne, statuaria e sorridente: da bambina fuggì tre volte dal villaggio di Kimana, in Kenya, 200 chilometri a sud di Nairobi per sottrarsi al sanguinoso “rito di passaggio” dall’infanzia all’età adulta che si stava preparando per lei e la sorella. La storia è nota, perché Nice è tra le più conosciute testimonial africane contro le mutilazioni genitali femminili (Mgf), tra le 100 persone più influenti del mondo secondo la classifica del 2018 del Time Magazine. Con Avvenire parla attraverso Skype, esprimendo la passione di chi spende la vita per un ideale.
«A 8 anni scappai da una zia, poi da mio nonno, infine da un’insegnante». Nice riuscì a sottrarsi al «taglio», ma la sorella no. «Si è sacrificata per me», ricorda. E poi parla del nonno, che all’inizio di novembre le era accanto, quando poche settimane fa sono state poste le fondamenta di “Nice Place” nella Contea di Kajiado (due ore di auto a sud di Nairobi), dove sorgerà un rifugio sicuro per tutte coloro che si trovano in pericolo, minacciate da matrimoni combinati o violenze, e una casa di accoglienza per 50 ragazze, con scuola, laboratori professionali e piccole attività commerciali. «Mio nonno è una figura importante nella mia storia. Lui mi ha ascoltata, ha capito il mio desiderio di continuare a studiare e poi di lavorare e di aiutare altre ragazze. Se oggi sono quella che sono lo devo a lui. Gli anziani in Africa sono rispettati: se sono dalla tua parte, la comunità ti ascolta».
Le mutilazioni genitali femminili in Kenya sono vietate dal 2011, ma in numerose comunità locali sono ancora praticate, soprattutto nel nord-est del Paese (97,5 per cento delle donne tra i 15 e i 49 anni vi è stata sottoposta contro una media nazionale del 21%, fonte Thomson Reuters Foundation), in alcuni casi per motivi di “purezza” e igiene, in altre come rito di passaggio dall’infanzia all’età adulta. «La legge è un’arma di difesa per le ragazze, è importante che si sentano protette dallo Stato, ma non è facile combattere con le leggi abitudini e tradizione secolari», spiega Nice.
Che però ha trovato un varco, facendo pian piano accettare alle comunità locali un diverso rito di passaggio, una cerimonia senza coltelli e rasoi, senza sangue e dolore, ma con canti, balli e gesti rituali. Spostandosi di villaggio in villaggio, conquistando il favore degli anziani e delle famiglie, Nice, sostenuta dalla ong Amref Health Africa, di cui è ambasciatrice, in 20 anni ha salvato dalla circoncisione 17mila ragazze in Kenya e Tanzania.
«È un lavoro che richiede pazienza: parlo con ciascuna madre e ciascun padre, dialogo con le persone che prendono le decisioni nella comunità, spiego i rischi e l’impatto sulla vita delle bambine, propongo il rito alternativo ma lascio che siano loro a pianificarlo». Sconfiggere il «taglio» con l’educazione, ecco quello che fa Nice. Un programma che ha subìto una pesante battuta d’arresto a causa della pandemia: in Kenya le scuole sono state ora parzialmente riaperte, ma la totalità degli alunni rientrerà in classe solo a gennaio. La chiusura degli istituti crea situazioni di rischio per le alunne.
«Per non interrompere la comunicazione con le comunità locali, abbiamo avviato programmi radiofonici per parlare delle mutilazioni genitali femminili, abbiamo automobili con gli altoparlanti che viaggiando diffondono note informative. Facciamo quello che possiamo». La guerriera Masai che vive in Nice non si arrende. Mai.
Article first published on avvenire.it
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