ROMA – L’Africa deve partecipare allo sviluppo del vaccino COVID-19. I paesi e gli organi di ricerca devono avviare sperimentazioni e sensibilizzare le comunità: solo così sarà garantito un accesso equo e tempestivo a tutta la popolazione. Lo spiegano due esperti e un’esperta del settore sanitario. E’, in buona sostanza, l’appello degli esperti, tre personalità del mondo scientifico e non che collaborano con AMREF: garantire cioè l’accesso tempestivo ed equo al vaccino, coinvolgendo le 54 nazioni africane nella sperimentazione di nuove terapie anti COVID-19 e lavorare per una preparazione, che garantisca a tutto il continente un accesso tempestivo ed equo al vaccino una volta approvato.
L’appello rivolgono a tutti i governi del continente. Le tre personalità, sono Joachim Osur, professore associato e preside dell’Università internazionale di Amref Health Africa; Lolem B. Ngong, esperta di sanità pubblica globale con una lunga esperienza in diplomazia sanitaria globale per contrastare le minacce alla salute pubblica; George Kimathi, 20 anni di esperienza in programmi di salute pubblica.
A che punto è la ricerca sul vaccino COVID-19 nel mondo. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), al 25 d’agosto scorso si registrano più di 170 vaccini COVID-19 in fase di sperimentazione. Solo 7 di essi sono nella fase tre, che comporta lo studio dell’efficacia del farmaco su larga scala. Di solito, per arrivare all’approvazione di un vaccino per uso pubblico occorrono molti anni di test e lunghi tempi di produzione. Tuttavia, i ricercatori si stanno muovendo rapidamente con la speranza di riuscire a sviluppare un vaccino entro 12-18 mesi.
Perché l’Africa deve partecipare. Le sperimentazioni possono essere interrotte, riavviate, modificate, a seconda di ciò che viene osservato. Per studiare efficacemente la reazione del corpo umano ai vaccini, ogni continente, nazione, Paese, villaggio o comunità, dovrebbe essere coinvolto nelle sperimentazioni. I vaccini infatti devono essere testati in contesti diversi e su persone con un diverso corredo genetico: anche per questo l’Africa, con 1,2 miliardi di abitanti, deve partecipare ai test. Al momento però, il Sudafrica è l’unico Paese del continente a farlo. Il consorzio dell’Unione Africana e l’unità operativa per il vaccino COVID-19 L’Unione Africana (organismo sovranazionale cui partecipano tutti i paesi del continente) ha recentemente attivato un’unità operativa per lo studio e lo sviluppo di un vaccino COVID-19. Il consorzio sarà guidato dal Centro africano per il controllo e la prevenzione delle malattie e riunirà gli sviluppatori, i finanziatori e le organizzazioni africane che si occupano dei vaccini. L’obiettivo è favorire la raccolta di dati clinici necessari per conoscere gli effetti dei vaccini sulla popolazione africana.
Come preparare una risposta adeguata. Deve essere garantita – secondo l’appello diffuso dagli esperti di AMREF – anche una adeguata preparazione alla fruizione del futuro vaccino. Cosa significa? Innanzitutto, determinare i criteri di ammissibilità: a chi verrà assegnata la priorità e perché, ricordando che al momento i programmi vaccinali si rivolgono principalmente ai bambini. Si dovrà poi pensare ad una strategia di distribuzione e identificare dove verrà somministrato il vaccino e da chi (medici, infermieri, personale sanitario). Dovrà essere sviluppato un solido piano di approvvigionamento e distribuzione. Infine, sarà necessario un piano di sostenibilità che garantisca disponibilità e accesso continui al vaccino.
Il ruolo dei governi africani. L’appello degli studiosi si chiude con ulteriori raccomandazioni ai governi e agli organi che si occupano della ricerca sanitaria. Ci vogliono scelte e azioni politiche a livello continentale, nazionale e internazionale, La “gara” in corso per la ricerca di un vaccino ha infatti sollevato la preoccupazione che le popolazioni più a rischio, nei Paesi a basso e medio reddito, saranno private di questo prodotto salvavita. I governi africani devono continuare a lavorare all’unisono per garantire un tempestivo accesso ed equo al vaccino, una volta ottenuta l’approvazione, affermano i ricercatori.
Sensibilizzare le comunità. C’è infine la sensibilizzazione delle comunità, decisiva per dissipare paure ed esitazioni. Attraverso le voci di operatori sanitari, leader politici, religiosi, culturali occorre rispondere alle molte domande e ai timori circa l’efficacia o la pericolosità dei vaccini. Questo potrebbe favorire la partecipazione alle sperimentazioni e una risposta positiva alla distribuzione e somministrazione. Il mancato coinvolgimento delle comunità, al contrario, potrebbe comportare un ostacolo alla piena comprensione del vaccino e della sua importanza.
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