Ecco come la tecnologia combatte il coronavirus in Africa. Parla Micucci (Amref)

by Amref Health Africa

Coronavirus has landed in Africa, as in the whole world. In Kenya, the Ministry of Health has launched the Leap project, developed by the Amref association in collaboration with the WHO, a smartphone platform that will help the dissemination of health information in order to counter the spread of infectious diseases such as Covid- 19. Formiche.net talked about it with Gabriele Micucci , director of Amref Health Africa-Italy.

What news do you have, what is the situation at the moment and what are the risks for the African continent?

The cases are growing, the virus is starting to spread among the various countries and the difficulty of tracking cases, in a continent where health systems are fragile and there is greater permeability of borders, suggests that the numbers may be much higher than those declared. The spread is still not very widespread, but as for the whole world, Africa will not be immune from the growth in the number of infected people, and therefore from the need for greater management. Also because the deaths are likely to begin.

What steps are they taking?

Sono già state messe in campo una serie di azioni, parlo per tutta una serie di piccole azioni preventive. Il problema di fondo è che quando si andrà a diffondere maggiormente il virus, quello che stiamo vivendo in Italia, con l’appesantimento di un sistema sanitario che è tra i migliori al mondo, in Africa diventerà un vero problema, se pensiamo che nel continente opera solo il 3% del personale sanitario globale. Come molti altri, noi abbiamo interrotto tutti gli spostamenti tra Europa e Africa, per non essere vettori di contagio.

Come mai i numeri sono ancora così bassi? La fotografia è reale?

I numeri probabilmente sono più elevati di quello che è dichiarato, non per volontà di tenerli nascosti ma per difficoltà di monitoraggio, e penso alla possibilità di fare tamponi o a tutti quei casi dove “normalmente” avvengono già decessi per infezioni da via respiratorie. La polmonite è già un grosso problema in Africa, è una delle maggiori cause di mortalità assieme all’Hiv. Quindi molti decessi vengono identificati con altro. Non si capirà altro, fino a quando avremo un monitoraggio capillare specifico.

Ci parla della piattaforma Leap, che avete da poco implementato con il governo kenyota assieme all’Oms per contrastare l’espansione del coronavirus?

È un programma che abbiamo messo in piedi già da qualche anno, si tratta di una piattaforma che utilizziamo per formare e informare gli operatori sanitari. In Kenya con questa piattaforma raggiungiamo 50mila persone, tutte social workers o figure intermedie che hanno contatto diretto con il sistema sanitario. Qualche settimana fa il ministero della Salute ci ha chiesto di attivare la piattaforma per iniziare un processo preventivo, che nelle ultime ore è stata implementata ma ancora solo per le funzioni push. Già lo facevamo per le altre problematiche, così lo abbiamo potenziato sul tema del coronavirus. La fortuna è che la piattaforma è già in piedi e permette di sopperire al contatto fisico, ovvero quello che attualmente è il più grande ostacolo, e questa è una caratteristica che in questo momento potrebbe risultare vitale. In più funge anche da aggregatore numerico, e può informare nell’immediato sulla comparsa di nuovi casi.

In linea generale, i governi africani hanno consapevolezza del problema?

In Kenya, Etiopia, Senegal, o in Mozambico, ci sono diverse intensità. Il Kenya è particolarmente attento per le relazioni sviluppate negli anni con la Cina, con la quale i contatti sono stati frequenti fino a poche settimane fa, in termini di relazioni commerciali e di scambi tra persone. E anche nel Nord Africa inizia a esserci attenzione, dopo la prima morte in Egitto.

Il piano dell’Oms sta aiutando i Paesi africani?

La dichiarazione della pandemia non è solo un tema di comunicazione, ma scattano in automatico tutta una serie di protocolli e di procedure nei Paesi che necessitano di aiuti sanitari. In Nigeria si sta facendo un processo di sensibilizzazione importante, nonostante le difficoltà, e si stanno attivando tutta una serie di protocolli interni per aumentare informazione e sensibilizzazione. Uno dei problemi è che molti Paesi hanno una serie di protocolli già attivi da una decina di anni e che non sono stati aggiornati. C’è tutto un lavoro di ri-aggiornamento da fare, e quando risulterà necessario il potenziamento ad esempio delle rianimazioni, in alcuni Paesi questa semplicemente non esiste. Quindi, anche il piano è proceduralizzato, non c’è la capacità operativa per implementarlo. Il tema è lo scollamento tra ciò che è previsto e ciò che è realmente fattibile.

Questo modello potrebbe essere utile anche per l’Europa?

Pensiamo che vada esteso oltre il Kenya, e stiamo già parlando con alcuni partner per farlo, perché in queste emergenze può dare un valore aggiunto. L’e-learnig già si sta sperimentando nelle scuole, e queste tecnologie potrebbero certamente aiutare anche i sistemi sanitari.

Article first published on https://formiche.net/2020/03/coronavirus-africa-amref-micucci/

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