Covid-19. In Africa è pandemia per tutta la sanità: in 600 milioni senza assistenza

by Amref Health Africa

Vaccinazioni in un ospedale a Johannesburg in Sudafrica: nel continente sono arrivate solo 14 milioni di dosi di vaccino anticoronavirus – Lapresse

Oltre 600 milioni di africani – un essere umano su due tra tutti coloro che vivono nel continente – ancora oggi non hanno accesso ai servizi sanitari di cui ha bisogno. E quando si arriva a parlare di servizi sanitari di qualità, ovvero efficaci e con standard elevati, il dato è ancora più alto. Sono numeri sconcertanti quelli contenuti in un rapporto preparato da un gruppo di esperti in occasione dell’Health Agenda international Conference (Ahaic), convegno internazionale della durata di tre giorni iniziato ieri e organizzato da Amref Health Africa, Africa Centers for Disease Control and Prevention (Africa Cdc) e International Federation of Pharmaceutical Manufacturers and Associations (Ifpma). Nonostante le speranze suscitate dagli ultimi anni di sviluppo economico nel continente, la pandemia di coronavirus ha contribuito a riportare l’Africa indietro. E così il diritto universale alla salute, sancito come terzo obiettivo Onu dell’Agenda di sviluppo 2030, è ancora più a rischio in un continente che lotta senza grandi mezzi sia contro la pandemia che contro tutte le sue altre «storiche» deficienze sanitarie.

La sfida al coronavirus, che resta in gran parte del continente un’emergenza «nascosta» dai pochi tamponi (ufficialmente «solo» 4 milioni di contagie 105mila morti), viene affrontata al momento senza vaccini, anche a causa dell’accaparramento delle dosi da parte dei Paesi ricchi, mentre i sistemi sanitari locali vedono aumentare i casi di Hiv e altre malattie. Il volume di test condotti sull’Hiv è crollato in alcuni Paesi del 50 per cento, in parallelo ad un calo del 75 per cento di tracciamento dei nuovi casi di tubercolosi. «Il vaccino contro il coronavirus «sta dando speranza a tutti noi. Finora, 14 milioni di dosi sono state consegnate a 19 Paesi in Africa, attraverso Covax. E altri riceveranno dosi la prossima settimana. È un buon inizio, ma c’è ancora molto lavoro da fare», ha ammesso intervenendo alla conferenza il direttore generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus. Non è un segreto che la stragrande maggioranza delle vaccinazioni siano state finora somministrate nei Paesi ricchi e che, tramite donazioni o acquisti, molti Paesi africani quest’anno non riusciranno a vaccinare più di un quinto della loro popolazione. Ai ritmi attuali, l’Africa potrebbe impiegare tre anni per l’immunità di gregge contro il coronavirus, un tempo infinito. «Anche una volta che la pandemia sarà finita, gli sforzi dovranno continuare – ha sottolineato Tedros –. Rimarranno problemi preesistenti. Non esiste un vaccino contro la povertà, la fame, la disuguaglianza, il cambiamento climatico, i matrimoni precoci. Il Covid-19 ha sottolineato la centralità della salute: quando la salute è a rischio, tutto è a rischio. Raggiungere la copertura sanitaria universale richiede investimenti in sistemi sanitari resilienti, in particolare in un’assistenza sanitaria primaria forte. Garantire una fornitura affidabile di medicinali sicuri, efficaci e di alta qualità in tutto il continente».

Nel suo intervento il direttore dell’Africa Cdc, John Nkengasong, ha sottolineato che «le pandemie possono interrompere i servizi sanitari» e che quindi «investire in una forza lavoro sanitaria competente e ampliare i partenariati è fondamentale per raggiungere la copertura sanitaria universale». Per Guglielmo Micucci, direttore di Amref Health Africa-Italia, sul fronte vaccini «resta centrale il tema dei brevetti e dell’equa distribuzione, perché anche in questo caso è evidente come non ci si salva da soli ma solo guardando anche all’altro». «Contro il Covid-19 non possiamo farcela da soli, ha ribadito ieri infine nel suo intervento anche il presidente keniano Uhuru Kenyatta, secondo il quale per raggiungere l’accesso universale alla salute bisogna coinvolgere «sia attori pubblici che privati, a livello locale, regionale e internazionale».

Article first published on avvenire.it

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